Se c’è una cosa che accomuna molti europei in questo momento non è solo il particolare periodo storico che stiamo vivendo, ma è soprattutto il tentativo di resistere alla quarantena, la necessità di reinventare il quotidiano, le modalità di lavoro, le convivenze di famiglia (e non solo) e la resistenza su una durata che sembra apparire infinita.
In Francia la quarantena si chiama confinement. Ed ammettiamolo pure, all’inizio è stata presa sotto gamba. Si guardava all’Italia con perplessità, un pizzico di stupore ed un fondo di incomprensione. Gli italiani esagerano, mi han detto, tra una battuta e l’altra sul fatto che tossissi durante una riunione. Alcuni colleghi non hanno ancora capito che non basteranno sei settimane di confinement per tornare alle nostre vite di prima. Frasi frequenti per un expat.
Il Confinement: un tempo benedetto?
E’ curioso che in francese la quarantena non sia stata chiamata con il suo nome, come in gran parte degli stati europei, ma che venga definita confinement, ovvero prigionia. Solo che, contrariamente a chi in prigione lo è davvero, noi abbiamo un vantaggio: siamo connessi al mondo esterno, alla nostra famiglia lontana, ai socials.
Forse siamo fin troppo connessi. In questi giorni ho letto molte riflessioni personali di gente che definiva questo periodo un regalo prezioso per le nostre vite: un’occasione per stare con la propria famiglia, occuparsi della casa, mangiare meglio, fare un bilancio intimo e avere del tempo da dedicare a se stessi.
Ed insistere sul fatto che questo virus, che ha fermato paesi interi, costringendo la gente a rintanarsi a casa, sia un tempo benedetto.
Lo è davvero? E vale realmente la pena condividere questa considerazione con tutti senza porsi il problema che altre persone potrebbero vivere la situazione in uno stato di equilibrio precario?
L’altra faccia della medaglia
Probabilmente prendere una pausa dal lavoro sarà un regalo prezioso per chi è stato costretto a fermarsi brutalmente in questo periodo. Per chi gode di buona salute ed è in casa, possibilmente attorniato dall’affetto dei propri cari, questo momento potrebbe essere una pausa rigenerante, qualora non sorgano preoccupazioni finanziare.
Per noi non è cambiato nulla: io continuo a lavorare da casa ed intrattengo un energico dueenne a cui mancano i compagni del nido. Certo, le giornate non sempre uguali: tutto varia in funzione dell’umore di Lilou, ma si cerca costantemente di non far pesare la situazione su di lui.
Per non sottrarre tempo a lui, mi sveglio la mattina prestissimo per lavorare e riprendo durante il suo pisolino pomeridiano e nel week-end.
Ed il papà? Mi è stato chiesto più volte, specialmente quando occorre fissare un appuntamento telefonico o un meeting in videoconferenza…
Il papà è il nostro eroe
La vera sfida di questo periodo è il doverlo affrontare praticamente da sola. Non perché questo dipenda da noi, ma perché il papà fa parte di quella schiera del personale medico santario che è impegnata in prima linea a combattere il codiv 19.
Le ore trascorse in ospedale aumentano di giorno in giorno, ormai non esistono più turni da rispettare. Come se non bastasse, per scoraggiare tutte quelle persone che circolano liberamente, l’azienda dei trasporti di Parigi ha diminuito la frequenza delle circolazioni dei mezzi. Il papà rientra tardi, ma quando rientra è un momento di festa.
E la sera, alle 20, in balcone, attorniati dai vicini, noi applaudiamo a lui che ogni giorno indossa la sua maschera, la sua divisa, e si occupa di chi sta lottando col virus per rimanere in vita.
Sebbene lui riesca al momento a gestire la stanchezza, si senta utile nel pieno di questa emergenza sanitaria, la preoccupazione di un contaggio possibile per lui, e di conseguenza anche per noi, è perennemente presente nei nostri pensieri.
Contrariamente a chi si sente benedetto, noi facciamo parte di quella schiera di persone in equilibrio precario. Ci chiediamo come costruire una normalità in cui il virus non sia una minaccia così tangibile. Ci chiediamo cosa succederà in futuro, come reagiremo, come resisteremo. E nel frattempo aspettiamo il picco dei contagi che in Francia non è ancora arrivato. E tremiamo intimamente.
Il confinement: l’arte della (ritrovata) resilienza?
Esistono periodi nella vita che non possiamo prevedere, delle fasi difficili cui non possiamo sottrarci. In questi momenti abbiamo due possibilità: opporci (accettando una perdita di energie, a volte spropositata) oppure attraversarle resistendo intimamente. Io ho optato per la seconda.
Attraversare dei momenti delicati senza lasciarsi abbattere totalmente significa attingere al pozzo interno della propria resilienza. Questa qualità che tutti abbiamo intimamente, che ci permette di barcollare ma non di crollare, che ci aiuta a superare le sfide più dure e di superare momenti difficili, è forse l’unica vera grande risorsa di questo confinement.
E allora spazio alla creatività per chi riesce a convertire questo tempo, apparentemente immobile, in nuove idee, nuovi progetti e creazioni d’ogni tipo (non solo prelibatezze culinarie)!
Resistere al tempo, al virus, e farlo con un briciolo di lucidità e un pizzico di buona salute è forse l’augurio migliore che si possa fare a tutti.
Hai ragione Carlotta, la resilienza è una risorsa che nutre la speranza di poter tornare ad una normalità che comunque occorrerà modificare.
Stringiamo i denti e andiamo avanti, rispettando le regole date.
Buona salute a tutti
Anche se in questo futuro vicino, a cui tutti pensiamo quotidianamente, occorrerà lavorare alla costruzione di una nuova normalità. Sono certa che resilenzia, buon senso e slancio positivo ci guideranno nella costruzione delle nostre vite post quarantena. Buona salute anche a te!
Non so se sia peggio la parola quarantena o confino – confinement. Quale che sia la traduzione e il significato, la situazione è sempre la stessa: in casa, abitudini cambiate, in bene o in male nessuno può saperlo. Io che vivo da sola in casa tutto sommato la sto vivendo come una benedizione e so quanto sarà difficile riabituarmi alla routine, anche se lavoro da casa (e lavoro più di prima). Ma mi rendo conto che la mia situazione è tutto sommato abbastanza egoistica e autoreferenziale. Tu hai una situazione ben differente, ma soprattutto hai un eroe in casa, un eroe in famiglia. E quando il duenne crescerà saprà che eroe davvero ha in casa. Ammiro voi, così come ammiro la famiglia di mia sorella, lei medico di famiglia e il marito costretto a casa che si è iscritto a un gruppo di mamme su facebook per trovare soluzioni di intrattenimento per i bimbi piccini. Come ammiro la famiglia di mio cugino, la cui moglie è infermiera all’ospedale di Bergamo. Siete tante situazioni che non posso che ammirare e cui dire grazie. In Italia, in Francia, nel mondo intero.
Grazie mille per queste parole che mi scaldano il cuore. Non so davvero distinguere le cose ordinarie da quelle straordinarie, so solo che occorre svegliarsi ogni giorno con la testa piena di motivazioni per affrontare ogni giornata. In questo periodo, in cui oscillare tra la gioia delle piccole cose quotidiane e lo sconforto dei momenti complicati, una cosa mi appare chiara: investiti in prima linea o meno, perdersi è fin troppo semplice. Penso che tutti meritino ammirazione, anche chi riesce ad attribuire un senso a tutto questo, nel silenzio delle proprie mura domestiche. La resistenza e la resilienza sono qualità preziose, oggi più che mai. Anche tu sei un bell’esempio positivo da ammirare! Quanto alla parola scelta dai francesi, che hanno rifuggito la “quarantena”, sono d’accordo sul pensare che non sia la migliore. E sicuramente quest’idea di prigionia spinge molti – troppi!- incoscienti a bighellonare in giro…Chissà!
La resilienza è alla base di tutto, compresa la nostra crescita e la nostra autostima. Personalmente sto scoprendo una nuova forza, in questo periodo, che non immaginavo di avere, un nuovo stile di vita, sto vivendo una trasformazione tale che quasi non mi fa rimpiangere la vita di prima. Un equilibrio, sotto certi aspetti anche benefico, che è teso a un futuro diverso da quello vissuto fino a qualche mese fa.
La resilienza è decisamente una virtù preziosa. Quello che scrivi è importante: testimonia la volontà di attraversare questa tempesta accettandone le difficoltà e trasformandole in punti di forza. Non è da tutti, complimenti! Sicuramente la tua esperienza mi spinge a pensare alle parole di Umberto Galimberti (intervistato pochi giorni fà), che metteva l’accento sul “fattore umano”, grande punto di forza sollevato da questa crisi mondiale. Chissà che questi nuovi equilibri che vertono sul “fattore umano” non siano delle buona fondamenta per la costruzione del nuovo mondo di domani… Grazie!
Le parole utilizzate per definire questo periodo sottolineano proprio il modo di pensare differente da regione a regione. Noi non ci siamo mai fermate e abbiamo utilizzato questo periodo a nostro favore. Senza spreco di tempo abbiamo continuato e trovato nuove attività, ovviamente non abbiamo mai abbandonato il lavoro, per fortuna. Probabilmente abbiamo uno spiccato spirito di resilienza ma abbiamo trasformato ogni momento in un’occasione di crescita senza farci mancare nulla: l’aperitivo è diventato un appuntamento sul balcone, i film e i libri ci stanno accompagnando come un momento unico e ci cimentiamo nella cucina come gran parte degli italiani. Per quanto riguarda i viaggi ci manca molto poter uscire di casa liberamente, ma siamo in grado di sognare e di organizzare, pronte a partire appena si potrà!
Questa è una bellissima testimonianza che dimostra quanto sia possibile ripensare i limiti e trasformarli in punti di forza. Non per tutti il processo è automatico, a volte occorre del tempo per riuscire ad attingere alla propria resilienza e trovare una spinta positiva. Leggere testimonianze positive è una forte spinta motivazionale. Grazie! Sicuramente l’attesa di quei momenti migliori in cui poter ricominciare a viaggiare ci accomuna tutti, certamente torneranno. Coraggio! E ancora grazie!