Qualche mese fa, ho letto un bellissimo post di Silvia, The foodtraveller (se non avete mai curiosato sul suo blog, vi assicuro, merita una lettura!) sulle aspettative dei lettori dei blog. Silvia, brillante travel blogger, si era immedesimata nei panni dei lettori del suo blog per segnalare cosa le piacesse e incontrasse il suo gusto e cosa no. Leggendo il suo post, mi sono riconosciuta come lettrice. Per qualche strano motivo, che ancora non so spiegarmi, il suo post ha lampeggiato in un angolo remoto della mia testa, come una sorta di spia. Durante il mio ultimo viaggio sono stata spesso scettica e prevenuta. In poche parole, quasi ogni giorno, mi sono chiesta spesso cosa non mi è piaciuto di Dubai. E puntualmente è arrivata la risposta.
Preconcetti a parte, ho deciso di essere brutalmente sincera. Rischiando anche di non incontrare l’approvazione di molti. Ma dato che viaggiare significa sostenere dei costi, confrontandosi ad un budget che, talvolta, boccia esperienze che avremmo voluto vivere, mi permetto di segnalare cosa non è mi piaciuto di Dubai in modo tale che voi, viaggiatori che programmate il vostro viaggio, possiate scegliere in totale serenità cosa inserire nel vostro itinerario.
Se la guida dice di andare, siate liberi di dire no
Quando le idee sono diventate chiare e Dubai è stata una destinazione concreta, sono corsa in libreria. Per abbozzare un itinerario, nonostante gli utilissimi suggerimenti di Paola Bertoni, di Pasta Pizza e Scones e gli articoli delle Travel blogger Italiane su cosa fare a Dubai, ho deciso di comprare una guida turistica.
Come molti viaggiatori, in famiglia, amiamo collezionare le guide turistiche che custodiamo gelosamente in libreria, memorie concrete dei nostri viaggi. La mini Lonely Planet suggeriva caldamente di visitare il Madinat Jumeirah. Ed ecco che dopo la visita, ho capito cosa non mi è piaciuto di Dubai.
Perché non visitare il Madinat Jumeirah
Il dramma: se un pomeriggio, seguendo la guida, arrivi in metropolitana al Mall of Emirates e cerchi di prendere un uber, che non arriva mai, e, successivamente un taxi dopo oltre un’ora e mezza di attesa, vari cambi di postazione ed hai un bébé piagnucolante tra le braccia ed un quattrenne che implora di tornare in hotel, è un segno del destino. Occorre solo fare dietro front, fregandosene di ciò che suggerisce la guida.
Dopo aver trovato il taxi, l’ennesimo dramma: non solo sembrerebbe essere l’ora di punta, ma abbiamo avuto la fortuna di trovare l’unica taxista che non avesse idea della nostra destinazione… Quando si ferma, lo fa davanti ad un Palace, dove, visibilmente, non soggiorniamo. Chiede dunque al personale dove si trova il posto in cui vogliamo andare e dopo un altro quarto d’ora, riesce a portarci nel luogo in cui, secondo la guida, dobbiamo andare.
Prima delusione: ci rendiamo conto di essere arrivati davanti ad un altro hotel. E che questo, al suo interno, contiene un fintissimo souk. Ne percorriamo le strade interne, girando tra negozi di souvenirs, ristoranti che propongono cucina europea ( a Dubai?) e pseudo bancarelle che espongono sciarpe e mascherine con cammelli. I love Dubai. Sul serio?!
Sulla mappa adocchiamo l’imbarcadero. La guida dice che fare un giro sull’agra, l’imbarcazione tipica, è d’obbligo. Ed aggiunge che, benché artificiale, il sistema dei canali è qualcosa di incredibile, che merita di essere visto. L’imbarcadero, però, non è segnalato sul posto. Prima di capire che si trova dietro il dehors di due ristoranti trascorre l’ennesima ora in cui veniamo rimbalzati da una parte all’altra, come palline del ping pong, dal personale del posto.
Lilou ha fame, Lila strilla. Ci fermiamo per cena. E dopo riprendiamo il nostro girovagare da palline del flipper impazzite. Decisi a rientrare in hotel, troviamo finalmente l’imbarcadero, paghiamo l’equivalente di 90 euro per salire sull’Agra e aspettiamo sul piccolo molo che la nostra imbarcazione venga a cercarci, cercando di spiegare a Lilou e a bébé Lila che l’attesa ripagherà.
Il giro in agra
L’Agra arriva, saliamo, insieme a due coppie di influencer che non la smettono di scattare a vicenda delle foto su cui non vogliamo essere lo sfondo. Con qualche minuto di ritardo, dovuto agli scatti delle pseudo dive, finalmente si parte. Mentre una donna italiana, piuttosto in là con gli anni, vestita da cubista, cerca di far dire al timoniere che le belle donne sono solo le italiane (a quale pro? Pirandello avrebbe aggiornato il suo saggio sul comico e l’umoristico in suo onore), inizia la crociera. Prima tappa: Burj Al Arab, il famoso hotel dalla forma di vela, simbolo di Dubai. Si specchia sulle acque del canale come se fosse la luna. Un minuto di silenzio per scattare le foto. E il timoniere si improvvisa fotografo.
La navigazione prosegue: il sistema di canali altro non è che un percorso attorno ad alberghi di lusso di cui intravediamo al buio le sagome illuminate da uno stuolo di lampadine. L’acqua sarà profonda circa un metro. Lilou chiede se sia balneabile, ma, con somma delusione, la risposta è no. Circumnavighiamo suites private con giardino o con finestre vista acqua, vediamo gente nuotare in piscine private o famiglie rientrare a bordo di macchinette elettriche, guidate da autisti del loro albergo.
Cosa? Abbiamo pagato 30 euro a persona per vedere degli alberghi? Cari autori di guide turistiche di dubbia moralità, perché avete voluto farci questo?
E, dulcis in fundo, per andare via da questo mega luogo fake, trovare un taxi è stata un’impresa. Non è bastato avere due bambini piccoli, quasi addormentati tra le braccia ed aspettare diligentemente il nostro turno, perché gli acerrimi nemici, in questo caso, sono loro… i turisti, che cercano di scavalcare, che fingono di non vederti, che se ne fregano.
Con enorme maestria, ho imparato a comunicare telepaticamente con i taxisti, forse anche loro genitori. E dopo circa venti minuti, un taxi ci ha riportati in hotel.
Quando si prepara in viaggio è importante sapere quali esperienze escludere grazie a cosa non mi è piaciuto di Dubai.
I taxi
Tutti, turisti, expats e locals, si spostano in taxi. E’ la prima regola del Fight Club che impari quando decidi di andare a Dubai. Nessuno ti dice che i taxi non sono sempre facilmente reperibili. E nessuno ti dice che occorre evitare le ore di punta, senza indicarti esattamente quali siano le ore di punta dubaiote, per non rischiare di rimanere bloccato nel traffico, o peggio ancora, in attesa di un taxi che non arriverà mai come Godot…
Spostarsi in taxi è spesso più economico che prendere la metropolitana, il che dovrebbe dirla lunga su un paese in cui il dio petrolio rende i taxi più cheap. Ma questo non argina il problema dell’assenza dei taxi negli orari di punta.
E poco importa che abbiate (voi) o che non abbiano (loro) i seggiolini per bambini, nessuno vi farà mai delle storie per questo. E la sicurezza?
Gli autobus
Se c’è una cosa che non mi è piaciuta di Dubai è il sistema dei mezzi pubblici e, per essere più precisi, gli autobus. Chiunque vi dirà che non è possibile fare affidamento su questi: nessuno sa a che ora passeranno. E questo fa sì che le fermate si riempiano di viaggiatori in attesa, lavoratori che aspettano di recarsi a lavoro, senza sapere quando arriveranno.
Anche la navetta per l’Expo Dubai 2021 era in ritardo: sebbene passasse a prendere gli ospiti della catena Rove nei rispettivi alberghi, il bus è riuscito ad avere un ritardo di un’ora e mezza. Complimenti!
La metropolitana: alle stazioni piace cambiare nome
Una particolarità della metropolitana di Dubai sono le classi, proprio come sui treni. La prima classe, più cara, si situa nel primo vagone. Per accedervi, occorre essere in possesso della Golden Card. E non pesante di eludere i controlli: questi sono frequenti!
Quello che non mi è piaciuto di Dubai e della sua metropolitana in realtà è la sua riorganizzazione. La città sta vivendo una forte espansione. Impossibile non notare che molte aree, più o meno centrali, sono in costruzione. I nomi delle fermate della metropolitana cambiano di continuo: alcune segnalate sulla guida, di recente pubblicazione, non avevano più lo stesso nome. Questo genera non poca confusione.
I test PCR
Per diverse escursioni, come per esempio quella ad Abu Dhabi, occorre essere in possesso di un test PCR (il molecolare) effettuato negli Emirati Arabi Uniti.
Il paese, decisamente avvezzo al turismo, offre dei servizi di tamponi a domicilio. Questi vanno prenotati circa 48 ore prima e il loro funzionamento è semplice: all’orario convenuto, un infermiere raggiunge la persona nella propria stanza d’hotel per effettuare il test. Il risultato, in base al costo, può arrivare dopo 5, 12, 24 o 48 ore. In pratica, più si paga, prima lo si riceve.
Noi ci siamo accorti della presenza di un PCR Point vicino la fermata della metropolitana MAXX, prossima anche al nostro albergo. Compilati i moduli, in un contesto quasi deserto, ci siamo sottoposti al tampone. Quello del mio compagno è stato una farsa, il mio è stato un vero prelievo. Circa cinque ore dopo, sebbene avessimo pagato per un risultato entro 24 ore, è arrivato l’esito negativo del mio compagno via mail. Il mio non è mai arrivato.
La mattina successiva siamo dovuti andare fisicamente nel posto dei prelievi per reclamarlo.
Evidentemente, gli addetti erano talmente abituati a disguidi del genere che lo hanno stampato senza scuse né storie.
Quello che non mi è piaciuto di Dubai e del mercato dei PCR è, talvolta, pur pagando meno si ottengono risultati rapidi, ma che, in caso di disguidi, sebbene le mail vengano controllate e riconfermate, ci si senta abbandonati a se stessi. Meglio non pagare tamponi in urgenza e rischiare di non ottenere il lasciapassare.
La condizione delle donne a Dubai
Non tutte le donne che vivono a Dubai sono musulmane e velate. Al contrario, a detta di una giovane ragazza senegalese, con cui ho fatto quattro chiacchiere in hotel, la città offre prospettive e lavoro per tutti. Lei, prima di stabilirsi a Dubai, non avrebbe mai immaginato di andare a vivere in medio oriente. Il sogno europeo si è rivelato fallimentare. E come lei altre persone, taxisti per lo più, hanno testimoniato il benessere che la città offre a chi osa sceglierla.
Le donne, tuttavia, sono soggette a giudizi. Perché, se è vero che molte sono libere, alla moda e indossano tranquillamente abiti succinti, i locals non le vedono di buon occhio. Durante il mio soggiorno, mi è stato chiesto se parlassi arabo da donne stesse. Davanti alla mia risposta negativa, mi è parso di leggere disappunto.
Non ho mai indossato abiti che potessero essere provocatori. Ho sempre fatto attenzione nel non scoprirmi troppo, malgrado il gran caldo. Tuttavia, ho sempre percepito un velo di giudizio.
Le donne del luogo non hanno avuto problemi a rivolgermi la parola o a entrare in contatto con i miei figli, tuttavia nessuna ha rivolto la parola al mio compagno. Le emiratine non possono sposare un uomo straniero, contrariamente ai loro compatrioti uomini che possono farlo.
Avendo viaggiato con un bébé quello che non mi è piaciuto di Dubai è stato il dovermi nascondere, come altre madri del luogo, nei bagni per allattare mia figlia. Nonostante avessi un grembiule da allattamento, che copriva me e mia figlia, ho percepito la curiosità morbosa degli sguardi e il giudizio. Ed è davanti a dettagli come questo che ho capito che io non sono fatta per una città come Dubai, che oscilla tra l’ipermodernità ed una tradizione culturale piuttosto conservatrice.
La cultura dello shopping dubaiota
Probabilmente sarà un limite mio, ma contrattare il prezzo di qualcosa non è una mia abitudine. Gli astuti mercanti di ogni luogo che ha che fare con i turisti, in un souk, boutique o centro commerciale, ne sono consapevoli. E contanto sulle differenze culturali per strappare prezzi esorbitanti ai turisti.
Avevo già vissuto un’esperienza del genere in Turchia, che mi aveva divertita, ma i commercianti dubaioti hanno dei modi di fare perentori che mi hanno spinta a fuggire.
Dai commenti sull’impotenza del mio compagno, dedotta dal numero di figli che abbiamo, o a quelli sul nostro aspetto (body shaming a tutti gli effetti!), volti a venderci intrugli per dimagrire, per avere un aspetto migliore, per aumentare le qualità amatorie… etc. Per non parlare di tutte le volte in cui qualcuno ha cercato di farci entrare in locali defilati per venderci merce di contrabbando, ci siamo sentiti bersagliati. E la leggerezza con cui abbiamo girato il Gran Bazar di Istanbul è stata solo un lontano ricordo, fatto a pezzi dall’insistenza aggressiva dei commercianti. Ho avuto la sensazione che loro giocassero al tiro al piattello e a che ogni pool! venissimo lanciati a largo di un oceano popolato da pescecani.
Frasi come abbasso il prezzo perché la tua felicità mi rende felice, mi hanno letteralmente fatto sanguinare le orecchie. Lasciandomi sbigottita davanti a rudimentali tecniche di marketing che cercano di irretire il malcapitato turista per sfinimento, o peggio ancora, che nascondono intenti di lucro che si fondono su differenze culturali.
Occidentali sì, ma non imbecilli. La cosa che non mi è piaciuta di Dubai è stato questo spasmodico gioco di ruoli. Un invito costante allo shopping sfrenato, un piangere miseria sui prezzi contrattati pur di spillarci denaro, il costante senso di essere stati presi in giro. Ecco, questo, cari commercianti, non è cool. In alcuni casi, come il nostro, ha fatto sì che si ottenesse l’effetto contrario
La visita della città che non ha un centro storico
Dubai, lo avrete capito, non è una città come tutte le altre. Non si sviluppa attorno ad un centro storico come la maggior parte delle città europee. Per visitare i suoi luoghi d’interesse occorre spostarsi costantemente nei suoi quartieri: quello dell’Expo, quello della Marina per il mare, quello del Dubai Mall, quello dei Souk, etc…
Per questo viaggio, abbiamo dovuto cambiare approccio. E con questo non significa che visitare Dubai sia deludente, ma richiede degli sforzi per cercare di capire una città in piena espansione. In parole povere, la Dubai visitata nel 2022 sarà diversa da quella del 2026 o del 2023. I nuovi cantieri sono annunciati su grandi pannelli pubblicitari che presentano una città sempre più glamour.
Nel marasma delle esperienze da vivere, cogliere l’anima della città è veramente difficile. Cosmopolita, avveniristica, sede di novità di ogni settore: Dubai è una città che potrebbe riservare delle belle sorprese. Girandola si ha l’impressione che il nuovo ombelico del mondo sia quello emiratino. Ciò nonostante, sapere quello che non mi è piaciuto di Dubai, servirà, spero, ai futuri viaggiatori ad apprezzare la città al di là dei piccoli difetti.
Innanzitutto ti ringrazio per la menzione, ma soprattutto ti ringrazio per aver scritto questo articolo: è sincero, arriva dritto al cuore. Non hai avuto paura a dire onestamente quello che non ti è piaciuto, e devo dire che l’atteggiamento dei venditori mi ha davvero turbata.
Le critiche magari ti arriveranno: da parte di chi ha apprezzato la vista degli alberghi, da parte di chi ha contrattato al souk, da parte dell’influencer di turno… A me era capitato quando scrissi un post spiegando perché non mi sia mai piaciuta Camden Town: ci sarà sempre l’arrogante che si sente in dovere di spiegarti che hai torto. Ma fregatene, perché questo articolo è super!
Cara Silvia, sono io che ringrazio te perché mi hai ispirata con i tuoi articoli e con la tua visione del blogging. Scrivendo di viaggi per famiglie non voglio cadere nel cliché delle mille attività da fare con i bambini. E scrivere di viaggi, spesso, richiede momenti di autocritica per innovare la scrittura di blog post. Viaggiare significa ricevere anche batoste, far fronte ad imprevisti e attenersi ad un budget. Se qualcuno fosse stato brutalmente sincero con me, prima della mia partenza, lo avrei apprezzato. Scrivere senza la pressione di vendere un’esperienza significa anche avere la libertà di esprimere un’opinione. Quando ho pubblicato l’articolo ero consapevole che delle critiche sarebbero arrivate, non tutti abbiamo lo stesso metro di giudizio. Non tutti amiamo le stesse cose né le amiamo con la stessa intensità. Ho conosciuto persone che amano trascorrere le loro vacanze a Dubai, io penso che difficilmente potrei tornare. Nonostante questo, ho le spalle abbastanza larghe. E ho rinunciato da diversi anni all’idea di dover piacere a chiunque a tutti i costi. Questo mi rende più libera 😉